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Trapani. Omicidio Benedetto Ganci. Dopo 23 anni i carabinieri arrestano il cognato

18 Dicembre 2021 08:06, di Laura Spanò PA
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Il caso riaperto su richiesta della figlia della vittima all'epoca dei fatti minorenne

Cold Case, dopo 23 anni trovato il presunto omicida di Benedetto Ganci, bracciante agricolo, incensurato, all'epoca dei fatti 49enne. Ganci era sposato e padre di cinque figli, viveva a Fulgatore. Il corpo senza vita dell'uomo fu trovato l'8 novembre dai carabinieri  nei pressi di un casolare di Montagna Grande. In manette ora è finito il cognato Antonio Adamo. Benedetto Ganci quel 5 novembre 1998 aveva detto alla moglie di andare in campagna perchè doveva vedere una persona. Ieri i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Trapani, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti del 69enne trapanese, Antonio Adamo, pensionato, quale presunto responsabile dell’omicidio aggravato del cognato, Benedetto Ganci, commesso la sera del 5 novembre 1998, nelle campagne di Fulgatore, piccola frazione del Comune di Trapani.

Le indagini 

Le indagini sono state riaperte dalla Procura di Trapani dopo che una delle figlie della vittima, nell’agosto 2020 (a 22 anni dall’uccisione del padre) si era rivolta al Comandante della Stazione Carabinieri di Salemi, affermando di nutrire dei sospetti sul presunto autore dell’omicidio. Gli spunti offerti dalle dichiarazioni della giovane (che all’epoca dei fatti era ancora minorenne), dato il chiaro interesse investigativo suscitato, hanno portato alla riapertura del “COLD CASE”, vicenda che vent’anni prima era stata archiviata a carico di ignoti per la ritenuta insufficienza di elementi a carico dell’indagato.

Un anno di lavoro 
Gli investigatori dell’Arma, d’intesa con i Carabinieri della Sezione di P.G. presso la Procura, diretti e coordinati dalla Procura del capoluogo, hanno proceduto ad un’analisi retrospettiva degli atti contenuti nel fascicolo in precedenza archiviato. Da questi documenti già si evinceva che Benedetto Ganci, dopo essere stato attirato in campagna, era stato ucciso con inaudita ferocia mediante l’utilizzo di paletti in cemento, con i quali era stato colpito ripetutamente e improvvisamente al volto, al capo e agli arti superiori sino a perdere la vita per le gravissime lesioni procurate. Gli inquirenti hanno, quindi, approfondito le indagini mediante attività di intercettazione e attraverso l’incrocio di dichiarazioni plurime rese da numerose persone informate sui fatti, in particolare appartenenti al nucleo familiare della vittima. Il paziente lavoro di ricostruzione, nonostante il lungo periodo di tempo intercorso, ha consentito di raccogliere gravi indizi nei confronti dell’odierno arrestato.

Il presunto omicida secondo quanto emergerebbe dai riscontri, avrebbe covato per diversi anni un sentimento di profondo astio verso il cognato (Benedetto Ganci) in quanto quest’ultimo, intuendo le morbose attenzioni, anche di natura sessuale, mostrate da Adamo nei confronti delle sue figlie, lo avrebbe redarguito in più occasioni intimandogli di restare lontano dalle nipoti. "La vittima - scrivono gli inquirenti - sarebbe stata ritenuta un ostacolo ai desideri sessuali nutriti dall’indagato nei confronti, in particolar modo, di una nipote (all’epoca minorenne)".

L'agguato 
Ganci sarebbe stato attirato dal cognato Antonio Adamo, in orario serale presso un casolare isolato di campagna, a 16 Km da Trapani, nella zona di Montagna Grande, e lì barbaramente ucciso. Un forte movente che risulterebbe, per citare le parole del GIP del Tribunale di Trapani “un’importante chiave di lettura del quadro indiziario raccolto, consentendo di iscrivere in una cornice unitaria i pezzi del puzzle investigativo”. Le indagini hanno messo in luce anche il possibile coinvolgimento del defunto padre del presunto omicida in quanto non avrebbe riferito, all’epoca, fatti cui aveva direttamente assistito quando, la notte dell’omicidio, sorprese il figlio intento a ripulirsi da delle macchie di sangue.

La decisione del Gip e la richiesta della Procura 
Alla luce degli elementi raccolti, il GIP del Tribunale di Trapani, accogliendo le richieste della Procura, ha emesso un provvedimento di custodia cautelare in carcere, "ravvisando – quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari - un concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio, anche tenuto conto del fatto che l’arrestato, temendo di poter essere denunciato ed indagato, aveva minacciato le persone a conoscenza di elementi a suo carico". Il GIP, inoltre, ha ritenuto sussistente un concreto pericolo di fuga, desunto sia dalla condotta complessiva tenuta da Adamo fin dal periodo immediatamente successivo all’omicidio (quando si rese volontariamente irreperibile, trasferendosi in Germania), sia dal suo stato di formale latitanza quando era ricercato per altri reati. Le indagini degli inquirenti proseguono al fine di raccogliere ulteriori riscontri all’ipotesi investigativa.

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