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Teatro Libero: " Dimmi qualcosa di dolce".

10 Maggio 2022 18:27, di Redazione
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Spoiler: articolo per quelli che hanno pazienza di leggere e di capire, prego astenersi i 'surfisti'.

Il 12 maggio alle 17 e il giorno dopo, il 13, alle undici e mezza al Teatro Libero di Palermo andrà in scena " Dimmi qualcosa di dolce", spettacolo scritto, diretto e interpretato da Piero Nuti con Elia Tedesco per la produzione della Torino Spettacoli. Inizialmente concepito come un libro durante i mesi dell'emergenza sanitaria," Dimmi qualcosa di dolce" si è trasformato in un copione teatrale, una scrittura profondamente diversa da quella letteraria ma che non ha alterato il sentimento che ha spinto l'artista a realizzare questa messa in scena.

Nuti ha optato per una oranizzazione dello spazio teatrale che facesse di una chiacchierata libera, dal tono confidenziale, il perno  attorno al quale ruotasse la drammaturgia che vede come protagonisti due amici, entrambi  attori nella vita. I due daranno vita ad un confronto , seduti su un tavolino. Diversi per temperamento e per età , lo spettacolo si dipanerà lungo dei capitoli che vedranno al centro un confrontro tra due generazioni che si guarderanno allo specchio per tentare di capire qualcosa della realtà che vivono e anche per tentare di capirsi.

Gli argomenti saranno il percorso, i " capitoli" di cui si parlava qualche riga più sopra, che va dal tutto esaurito di " Trappola per topi" fino a parlare della Donna in generale, il " Pianeta Adriana"; una città a parte che tante volte registi cinematografici e teatrali hanno tentato di indagare con una forma di psicologismo esasperato che ha toccato vette altissime con Bergman - sia al cinema che sul palcoscenico - che con Bertold Brecht capace di penetrare l'interiorità di una donna come " Madre Courage".

Il racconto di una vita concepito da Piero Nuti ha non solo la forza dirompente della testimonianza "face to face" con lo spettatore, ma anche il fascino del dietro le quinte e l'ironia di chi si è divertito a fare il " mestiere più bello del mondo", quello del teatrante, il girovago per eccellenza, il 'profugo' che scappa da una realtà per infilarsi subito in un'altra senza soluzione di continuità. Oltre alla bravura degli attori in scena, citiamo la bravissima Elia Tedesco e dello stesso Nuti, uno dei motivi per non perdere lo spettacolo è la metateatralità, ovvero il teatro che parla di se stesso attraverso la sua scrittura peculiare che costringe lo spettatore ad infilarsi tra gli interstizi del copione, tra gli interstizi dei dialoghi per cogliere un 'messaggio' che si deposita a livello inconscio nell'organismo dello spettatore e che con un esercizio fisico ( mentale) può essere razionalizzato e paragonato ad una medicina dagli effetti terapeutici; l'altro cardine che - da sempre - ha costituito motivo di fascino sullo spettatore, sul 'testimone' è la metacinematografia ( il cinema che parla di se stesso) altra forma d'arte, altro tipo di corteggiamento sullo 'spettatore-testimone'.

Passano i periodi pieni di fascino davanti agli occhi che altro non sono che quelli del teatro post bellico o " Nuovo Teatro" secondo la definizione del Professore Marco De Marinis. Le date sono convenzioni per cui prendiamo per buona quella del libro pubblicato dalla Bombiani a firma dell'ex titolare della cattedra di Storia del teatro al Dams bolognese, il 1947, appena due anni prima l'Italia si era 'tinta di nero' con il 'Mascellone' giusto per citare uno dei più grandi narratori del '900 quale fu Carlo Emilio Gadda; ritorniamo a quel teatro post bellico da cui eravamo partiti per dire che sarà un elemnto fondamentale dell'opera che andrà in scena perchè quel periodo fu contraddistinto da una passione instancabile e basta leggere il libro poc'anzi citato " Il nuovo teatro" di De Marinis per accorgersi che dal 1947 al 1970 il teatro italiano conobbe innovazione, talento, energia, impegno e appunto passione instancabile certo ma forse è meglio dire totalizzante.

Si andrà avanti - come una sorta di 'spettacolo-saggio' - ben celato ad analizzare il teatro del Novecento che ha dato vita a gruppi straordinari, basti pensare al Living ma anche al magistero fondamentale di un patrarca delle scene come Eugenio Barba per ricordarsi che c'è stato un periodo di non-appiattimento, un periodo dove il 'cervello-teatrale' non soffriva di ipossia e allora ecco che veniva partorita una generosità nelle idee irripetibile, si era spinti da motivazioni artistiche- anche radicali perchè negarlo- ideologiche quando ancora le ideologie erano di  là da crollare.

Chi ha vissuto i fermenti di quell'epoca irripetibile, citiamo ancora le regie di Testori, il testo sulla scuola di Barbiana degno figlio delle lotte politiche del sociologo Danilo Dolci che - lungi dal vivere un'istituzione, in questo caso quella scolastica- come repressiva tendeva a dare dignità all'essere umano e alla sua parola proprio come fece Don Lorenzo Milani e come tutto sommato fa ancora - per favore allontaniamoi pessimisti! - il Teatro. Chi di quel periodo non sa nulla vedrà Gino Cervi, Glauco Mari, Corrado Pani,Valeria Moriconi; registi come Orazio Costa Giovangigli, regista pedagogo alla Silvio D'amico, Franco Enriquez, Aldo Trionfo e così via.

Dai ricordi di Piero infine - last but not least- emergerà l'importanza di Adriana Innocenti. Da questo Amarcord viene a galla non solo l'importanza di 'Nana' nella sua quotidianità ma anche la grandezza di questa attrice e di donna che per le sue idee ha lottato per il suo uomo ha lottato e fino all'ultimo ha combattuto per il teatro con l'entusiasmo immutato di una fanciulla e la forza di una tigre.

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