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Muore a Milano il pentito Francesco Geraci, tra gli amici di Messina Denaro - Palermo Oggi

Muore a Milano il pentito Francesco Geraci, tra gli amici di Messina Denaro

05 Febbraio 2023 16:55, di Laura Spanò
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Anche lui soffriva della stessa patologia dell'ex primula rossa

E' morto a Milano, Francesco Geraci, 59 anni, soffriva da tempo di un tumore al colon. Gioielliere di Castelvetrano, Geraci è morto in una clinica, dove stava cercando di curarsi per un tumore al colon, la stessa patologia dell’ex latitante, arrestato poche settimane fa.

Dopo l’arresto nel 1994 la decisione di diventare collaboratore di giustizia. Geraci ha rivelato agli investigatori particolari e retroscena della stagione delle stragi. Anche se non formalmente affiliato a Cosa nostra, il gioielliere è stato tra gli uomini più fidati di Matteo Messina Denaro scelti per partecipare alla missione romana voluta da Totò Riina per eliminare Giovanni Falcone.

Il racconto del collaboratore su quella missione.

Alla fine di febbraio del 1992, un gruppo di killer guidati da Messina Denaro e Giuseppe Graviano arrivano nella capitale con l’obiettivo di assassinare il magistrato. “C’era una lista di persona da uccidere – ha detto Geraci – Cercavamo anche Falcone che andava al Ministero. Avevamo compiti differenti io e Vincenzo Sinacori”, altro storico fedelissimo dell'ex boss di Castelvetrano.

“Andammo a Palermo, con Matteo Messina Denaro, a una riunione, alla quale non mi fecero prendere parte, credo perché non contavo niente. C’erano Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, i fratelli Graviano, Enzo Sinacori, Salvatore Biondo, e lì si è deciso che si doveva andare a Roma. Nella Capitale eravamo io Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori, e un’altra persona. Mi portarono a Roma perché avevo la carta di credito. E lì presi una macchina a noleggio”.

La missione romana però fu annullata: Riina ordina ai suoi di tornare in Sicilia. Alcune settimane dopo, Messina Denaro dirà a Geraci di non andare a Palermo. Il gioielliere racconterà di essere contrariato: “Ma come non andare? Io devo andarci ogni giorno per lavoro”. Il boss, però, aveva una soluzione: “E allora esci ad Alcamo o a Partinico e fai la strada vecchia”. L’importante era non prendere l’autostrada. Il 23 maggio, quando salta in aria l’autostrada a Capaci, uccidendo Falcone, tornerà dal suo braccio destro con un mezzo sorrisino stampato in faccia: “Adesso puoi andare a Palermo”. Un racconto, quello del pentito, che è stato fondamentale nel processo a Messina Denaro per le stragi di Capaci e via d’Amelio, ancora in corso in Appello a Caltanissetta

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