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Matteo Messina Denaro. Il verbale di interrogatorio reso al Gip Montalto - Palermo Oggi

Campobello di Mazara | Cronaca

Matteo Messina Denaro. Il verbale di interrogatorio reso al Gip Montalto

09 Maggio 2023 20:26, di Redazione
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"Mi chiamo Matteo Messina Denaro, lavoravo in campagna ed ero un agricoltore

Dice chiamarsi Matteo Messina Denaro, di lavorare in campagna di essere un agricoltore. Di essere apolide visto che il Comune lo ha cancellato. "Ormai sono un apolide. Le mie condizioni economiche? Non mi manca nulla. Avevo beni patrimoniali ma me li avete tolti tutti. Se ancora ho qualcosa non lo dico, mica sono stupido".

E' parte dell'interrogatorio di Matteo Messina Denaro dal gip Alfredo Montalto e dal pm Gianluca De Leo nell'ambito di un procedimento penale in cui il capomafia risponde di estorsione aggravata. Lo scorso 16 febbraio il padrino è collegato in videoconferenza dal carcere, a L’Aquila.

Messina Denaro nega tutto, persino di conoscere la mafia. “Non faccio parte di nessuna associazione. Quello che so di Cosa Nostra, lo so tramite i giornali”. Soprannomi? “Me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti Ma io nella mia famiglia non ho avuto mai soprannomi”. Residenza? “Non ce l’ho più da tanto tempo perché so che il Comune tanti anni fa proprio mi ha cancellato. Io sono ormai, non lo so, un apolide”. 

Beni patrimoniali? “Li avevo, me le avete tolti tutti, se qualcosa ho non lo dico, sarebbe da stupidi”.

Al magistrato che gli domanda quale fosse la sua ultima residenza, Messina Denaro risponde: "A Campobello risiedevo da latitante quindi di nascosto, in segreto. L'ultima residenza che ho avuto da uomo libero è a Campobello".

Nel merito delle accuse - al padrino si contesta aver minacciato la figlia di un prestanome, Giuseppina Passanante e il marito per riavere un terreno a loro intestato fittiziamente - Messina Denaro smentisce ogni responsabilità sostenendo di essersi limitato a scriverle una lettera per riavere ciò che era suo. Toni bruschi, a tratti irriverenti, il capomafia nega di appartenere a Cosa nostra di cui sa solo dai giornali. Il messaggio intimidatorio per riavere il terreno, secondo l’accusa, sarebbe stato veicolato tramite Vincenzo La Cascia, personaggio che lo avrebbe aiutato anche durante la latitanza. Messina Denaro conferma di conoscerlo, “ha lavorato tanti anni con me”, ma solo “fino a quando sono stato libero, fino al 1993”. I messaggi recapitati al latitante tramite il fratello Salvatore? “Questo lo dice lo Stato e gli inquirenti che indagavano, a me non mi risulta”.

Quando il giudice gli chiede se ha precedenti penali, Messina Denaro ci scherza su. Ha riportato condanne? “Credo di sì”. Montalto lo richiama. “Non è crede, lei sa”. Il boss sembra scusarsi: “Presidente mi ascolti Io ho detto credo di proposito perché anche voi dall’altra parte mi avete chiesto se ho sentenze definitive, lo sapete pure voi e allora l’ho preso con un po’ di umorismo”.

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